La passione con cui Giuseppe Romeo ci guida, tra i resti della Villa Romana di Casignana, da sola basterebbe a farcela amare; ferita brutalmente dalla statale 106 ionica, che la taglia in due, la Villa sorgeva probabilmente sull’antica strada di collegamento tra Locri Epizefiri e Rhegion (Reggio Calabria). Fu frequentata a fasi alterne a partire dal I secolo d.C. fino al VII d.C., ma visse il suo momento di massimo splendore nel IV secolo d.C.
Camminando sulle passerelle per ammirarne, senza calpestarli, i resti, si intuisce chiaramente la vita opulenta e raffinata che conduceva chi l’ha abitata. Il mare lì a pochi passi quasi lambisce la parte residenziale della Villa, i cui ambienti si snodano attorno ad un grande cortile. Sul lato opposto della nefasta statale, il complesso termale privato accessibile dalla Villa attraverso un porticato. Ben visibili il frigidarium di pianta ottagonale, noto anche come “sala delle Nereidi”, per il mosaico che raffigura un thiasos marino composto da quattro figure femminili che cavalcano un leone, un toro, un cavallo e una tigre, e il calidarium di cui, a parte gli altrettanto splendidi mosaici che ornano il pavimento, notiamo soprattutto il sofisticato impianto di riscaldamento a ipocausto e tubi fittili sulle pareti. Del complesso fa parte anche una sala rettangolare pavimentata con preziose lastre di marmo colorato. Scopriamo che i lavori di scavo e restauro dei mosaici sono ancora in corso, così i più entusiasti di noi si offrono volontari per le prossime campagne.
Mentre ci interroghiamo per l’ennesima volta sul come sia possibile che in questa terra l’uomo abbia saputo dar vita a capolavori di incredibile bellezza per poi – qualche secolo più tardi – tranciarli con una orrenda statale e offuscarne la vista con edifici incompiuti, arriviamo sul ponte della Fiumara La Verde.
Qui è stata la potente opera della natura a dar vita ad un incredibile spettacolo che noi, purtroppo, riusciamo a godere solo in minima parte, visto che una pioggia torrenziale ci impedisce di scendere dall’autobus. Si tratta di una delle più belle fiumare dell’Aspromonte; qui nei secoli, con una lunga e costante azione erosiva, l’acqua ha scavato una gola profonda circa 200 m e lunga oltre 4 km.
Sfidiamo la pioggia per raggiungere l’Agriturismo Simonello, dove evidentemente ci godiamo i piaceri della tavola più a lungo del previsto, arrivando a Stilo con un po’ di ritardo (ormai nostra costante!). Qui, in paziente attesa, troviamo l’archeologo Giuseppe Hyeraci che, con molta partecipazione, ce ne racconta la storia mentre ci inerpichiamo per le vie strette e ripide di questo piccolo comune in provincia di Reggio Calabria.
Senza fiato per la vista (e per l’ascesa) ci troviamo di fronte alla Cattolica, capolavoro di arte bizantina incastonato sulle falde del monte Consolino, da dove domina Stilo e la valle del torrente Stilaro.
Esternamente non ci sono decorazioni, se non i motivi a mattoni delle cupolette; all’interno, oltre alla stratificazione degli affreschi, quello che maggiormente attira la nostra attenzione è l’utilizzo (capitelli sono usati come basi) di colonne doriche e corinzie di spoglio a sostegno delle cupolette.
La giornata si chiude a Pizzo Calabro dove, dopo l’aperitivo sulla terrazza del Piccolo Grand Hotel e la cena vista mare presso il Ristorante San Domenico del giovane Chef Bruno Tassone, ci concediamo pure un’estasi di cioccolato con il tartufo del bar Belvedere, mentre tutt’attorno il paese è in festa; quello che giunge alle nostre orecchie è un suono unico in cui si sommano la fanfara che accompagna i Giganti, la voce melodiosa di un uomo di mezza età che imita Elvis, canzoni tradizionali in lontananza e il vociare di un allegro sabato sera di fine estate.